VAN MORRISON - What's It Gonna Take? ****
" Il dubbio è l'inizio della sapienza", ma per molti non è così. Nel momento della sua uscita (20 maggio) What's it Gonna Take? sta ricevendo (per le tematiche affrontate in gran parte del disco), da buona parte della critica, lo stesso mediocre trattamento del (grande) disco precedente. Stessi voti, stesse menate, quasi sempre per partito preso. Probabilmente, il peccato originale commesso per essersi esposto superficialmente con i tre singoli "salva musica" contro il lockdown non è stato ancora perdonato. Paradossalmente schieramenti di questo genere (c'è qualcuno che apprezza ancora gli arrangiamenti, le melodie, il canto?) non fanno altro che alimentare il pensiero opposto, si proprio quello dei "tediosi" dubbi e lamenti del nostro, quello dei mass media falsificati, corrotti, dagli interessi delle multinazionali, della politica altrettanto succube o dei lati più irrisolti e discutibili del periodo pandemico. Forse il pensiero di Van può essere "Dangerous"? A questo punto dico: può darsi.
Ma resta il fatto che per molti la musica viene in secondo piano, soprattutto per il fatto di dar precedenza a posizioni sinceramente opinabili, non certo estremiste o intolleranti (possono affermarlo anche certi suoi detrattori?).
Il nuovo disco (43esimo) di Van sorprende perché è abbastanza diverso dal precedente ma l'energia e l'ispirazione sono le stesse. Godibilissimo e colmo di positiva vigoria, dall'inizio alla fine, in generale What's it gonna take? stupisce per la vitalità, di Van (76 primavere), delle melodie, degli arrangiamenti, probabilmente ancor più personali del suo predecessore (qui mancano del tutto i blues più accademici): come non farsi incantare da brani mantra tipicamente morrisoniani come la protesta folky in cerca di verità di Dangerous (straordinaria, sembra un mix tra Van, Dylan e la viola velvettiana di John Cale), l'allusiva Pretending (un nuovo raffinato istant classic) o la delizia folk della ballad Can't Go On This Way, impreziosita da un'interpretazione vocale magistralmente sospesa tra rabbia e tenerezza, che si ricollega magnificamente al periodo delle "bellissime visioni" dei primi anni ottanta e che ci lascia l'immagine sincera e intensa di un vero artista che vive per la musica e che sublima i propri legittimi sentimenti di disagio con un ritornello a suo modo "liberatorio", sofferto e poetico.
Tre nuovi classici morrisoniani da custodire e vivere come colonna sonora per l'estate che verrà. Tra le tante, e qui si va abbastanza random, regalano benessere fisico e mentale anche il r&b immediato e gioioso della title track, il lungo blues lisergico di Money from America, l'incedere suggestivo di Damage and Recovery, e la briosa leggerezza di I Ain't No Celebrity.
What's it gonna take? è l'ennesimo grande album, che Dio ci conservi così a lungo il nostro Van, magari il prossimo album sarà più romantico e allora torneranno anche gli elogi della stampa internazionale (come era successo per il rigenerante Three Chords and The Truth) ma in Not Seeking Approval si capisce quanto ne possa fregare al nostro adorabile burbero.
Al prossimo evento morrisoniano ma intanto ci godiamo questo...
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