VAN MORRISON - Latest Record Project vol.1 (Exile/BMG) ****
Comunque veniamo al nuovo Latest Record Project vol.1, possente doppio album composto da 28 canzoni che si distinguono per il solito inconfondibile stile morrisoniano di matrice r&b, zeppo di spezie jazz, ritmi funk, coralità gospel, folk, country, senza dimenticare la tipologia di song a lui più congeniale (per dinamiche di originalità ed espressività): la ballad. Comunque la cosa incredibile è che in realtà le canzoni sono solo la metà di quelle partorite da Van in questo periodo di pandemia. Ovviamente sono numeri altisonanti che denotano un'urgenza creativa e comunicativa non comune, il periodo covid ha smosso coscienze e stili di vita, Van è un leone in gabbia e la sua inquietudine davanti ai concerti annullati uno dopo l'altro aumenta a dismisura la sua voglia di esternare creativamente la sua insofferenza: "Mi voglio allontanare dall'essere riconosciuto sempre per le solite canzoni, i soliti album. Questo ragazzo ha scritto 500 canzoni, forse di più, quindi? Perché promuovere sempre le stesse? Sto cercando di uscire da questo schema." Urgenza e premesse artistiche sono di buon auspicio, quindi andiamo ad ascoltare la musica, che è quello che conta.
I primi tre singoli (interessante ma troppo lunga la title track, di rilievo il brillante r&b di Only a Song e il country-soul emozionale di Love Should Come With a Warning, uno dei migliori pezzi del lavoro e un velato omaggio al Ray Charles di I Can't Stop Loving You) che hanno anticipato Latest Record Project vol.1 hanno subito fatto notare dinamismo e versalità musicale superiori al recente passato; inoltre è il lavoro in studio di registrazione a stupire, un suono decisamente pulito, moderno e migliorato, un Van in grande forma vocale sorprendentemente grintosa come non si sentiva dai tempi di Healing Game. L'ascolto generale non farà che confermare le prime sensazioni, Van è ancora affamato di grande musica.
Mentre scrivo sono due giorni che ascolto il doppio album (tanto r&b, americana e ballads) quasi di continuo ma non per affrettarmi a scrivere la recensione quanto per un bisogno fisiologico, per la godibilità e il piacere che mi ha procurato l'intero ascolto. Devo però ammettere che un brano in particolare mi ha sconvolto anima, cuore e mente: la ballad astrale Duper's Delight. Il classico brano che per bellezza, completezza, musicalità ed emozione stavo praticamente aspettando da anni se non decenni (a mio parere il brano più bello del nuovo millennio morrisoniano e in seria lizza per esserlo degli ultimi 30 anni). Duper's Delight è un termine reale usato dagli analisti riguardo il linguaggio del corpo, è una specie di sorriso smorzato, vagamente ironico, difficile da essere notato se non attraverso delle immagini riprodotte. Il testo ci presenta un amore che oramai si è irrimediabilmente perso "Duper's Deligt è un sorriso omaggio, perché poi lei pensa di andarsene, non ti accorgi del suo sorriso, chiamato Duper's Delight, quando lo vedi da vicino sai che qualcosa non va" , cantato da Van (75 primavere) in modo divinamente espressivo, utilizzando toni vocali che si contrappongono, a volte con estrema forza altre con dolcezza, variazioni anche minime che toccano le corde dell'emozione, parole che si ripetono, come un mantra o una preghiera, mentre organo (all'Hammond Richard Dunn) e voce si elevano in un crescendo salvifico straordinario colorato di amaro rimpianto e velato rimorso. Il brano sembra avere il volto scosso della lunga e tormentata separazione con la ex moglie Michelle, un sentimento sofferto che probabilmente si è rigenerato e alimentato con la solitudine vissuta nei recenti, certamente non terapeutici, lockdown. Brano degno dei suoi vertici assoluti che vale da solo il prezzo dell'intero doppio cd.
Nel mondo variopinto di queste 28 creazioni sonore ce ne sono per tutti i gusti, personalmente in ordine di gradimento non ho dubbi nel citare subito dopo la magnifica Double Agent con ritornello irresistibile di matrice wavelenghtiana e un Van d'altri tempi, l'intensa soul ballad Tried To Do The Right Thing e la delicata Psychoanalyst's Ball, in odor di Crazy Love, la più virtuosa dei tre autoplagi del disco ( Little Village e Gypsy in my Soul rigenerate in My Time After A While e A Few bars Early) in virtù di un ritornello assolutamente personale e un arrangiamento arricchito dal vibrafono di Teena Lyle.
I grandi pezzi continuano con la primaverile Up County Down, deliziosa marcia country col banjo in evidenza che sembra partorita ai tempi Tupelo Honey con Dana Masters (che ho conosciuto personalmente ad Hampton Court alcuni anni fa) ai cori. Non da meno la bella elegia country di Western Man dal ritmo incessante che sancisce la fine del sogno americano. Sinceramente molto bella anche They Own The Media, un blues sopraffino dove Van si alterna al sax, uno dei brani politici, che mette in evidenza il potere delle multinazionali sui media e di conseguenza su di noi. Intrigante anche il ritmo cadenzato di Diabolic Pleasure con Jeff Lardner alla batteria e Alistair White al trombone, il r&b graffiante di Where Have The Rebel Gones, con Paul Moran All'Hammond e Dave Keary alla chitarra elettrica, che invita i musicisti a trovare una soluzione alla loro difficile condizione. Infine la bella melodia di No Good Deed Goes Unpunished condita ad alte dosi di Hammond, il miglior blues del lotto Double Bind, Why Are You On Facebook piacevolmente canticchiabile, il sound anni sessanta di Jealousy (perchè non sono uno schiavo del sistema come te) e la raffinata Mistaken Identity (scritta con Don Black). Ne ho lasciate fuori diverse (in particolare blues), qualche brano minore c'è ma la qualità media rimane sempre alta.
Concludendo Latest Record Project vol.1 ci regala due ore di grande musica ma la cosa più bella è che siamo rimasti davvero sorpresi, vista l'età del nostro e la qualità espressa nello splendido disco precedente Three Chords and the Truth, era dura aspettarsi una replica di questo livello e invece Van è riuscito addirittura a superarsi, ancora una volta.
Ci risentiamo per il Vol.2, stay tuned!
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